Imprenditoria, Femminile

LE DIFFICOLTA‘ DI FARE IMPRESA IN ITALIA

11/07/2022

In Italia, lo spirito imprenditoriale rischia di essere soffocato dai tanti ostacoli che si frappongono tra gli imprenditori e l‘effettiva possibilità di aprire una propria attività, sul proprio territorio e reperendo tutte le necessarie. Le resistenze degli italiani nel fare impresa nel proprio Paese sono tante, difficili da combattere e legato, in particolar modo, al senso di incertezza e insicurezza legato alla macchinosità della burocrazia e al peso dell‘elevata tassazione.


Piccole e medie imprese rappresentano l‘ossatura del sistema imprenditoriale italiano. Ma fare impresa in Italia significa affrontare un percorso pieno di ostacoli che portano, spesso, lo spirito imprenditoriale ad essere soffocato da tanti ostacoli che si frappongono tra gli imprenditori e l‘effettiva possibilità di aprire una propria attività. 

Per comprendere il grado di soddisfazione di titolari di piccole e micro imprese nei confronti delle istituzioni locali e nazionali ,l‘Osservatorio di «ProntoPro» ha effettuato un‘indagine su duemila professionisti. L‘insieme delle risposte pervenute da 18 regioni su 20 ha consentito di tracciare una panoramica delle regioni e delle province migliori e peggiori del Paese rispetto al supporto percepito dalle istituzioni locali e nazionali, al sistema burocratico, alla gestione delle tasse e alle aspettative per il futuro. L‘indagine svolta ha visto il coinvolgimento di un campione molto eterogeneo di lavoratori, impiegati in più di cinquecento categorie di servizi, di compresa tra i 20 ei 60 anni, con contratti part-time o full-time, il 95% dei quali a capo di un‘attività con cinque o meno di cinque impiegati. Una scelta casuale, mossa dalla consapevolezza che le piccole e medie imprese rappresentano oltre il 90% della totalità delle imprese in Italia.

La mancanza di fiducia nei confronti delle istituzioni locali e del governo, percepite come un ostacolo non come un alleato sull’intero territorio. I dati parlano chiaro: il  supporto delle Province viene percepito come insufficiente dal 53.70% delle imprese, scarso dal 23.9%; intermedio dal 16.35% e buono solo dal 5.01%. Quello dato dalle Regioni, è insufficiente per il 51.25% delle imprese, scarso per il 24.11%; intermedio per il 17.12%, buono per il 5,49%. I dati più negativi sono connessi tuttavia alla percezione nei confronti del sostegno da parte dello Stato. A ritenerlo insufficiente è il 58.23% delle imprese; è scarso per il 24.11%, intermedio per il 12.83%, buono per il 3.40%. A giudicarlo eccellente, solo l’1,43%.

Elevata anche la negatività rispetto alla possibilità di avviare un’attività nella propria regione. Oltre il 41,65% dei professionisti ritiene molto difficile avviare un’attività nella propria zona di residenza, contro un 10% che valuta abbastanza o molto semplice dar vita ad un nuovo business. A scoraggiare l’avviamento di una nuova attività anche e soprattutto la burocrazia necessaria, tanto che a ritenerla macchinosa è il 57,16% degli intervistati. Intervenire su snellimento e semplificazione rappresenta un importante punto di partenza per il miglioramento del sistema imprenditoriale italiano. Particolarmente critico poi, il giudizio sulla tassazione percepita come un ostacolo dal 79,77% dei professionisti, non solo rispetto all’ammontare delle tasse, ma anche alla gestione del gettito fiscale.

A porre un freno alla spinta imprenditoriale degli italiani, anche la scarsa conoscenza delle possibilità e degli strumenti formativi offerti. I programmi di formazione messi a disposizione dagli enti locali non vengono sufficientemente pubblicizzati. Il rapporto tra professionisti, programmi ed eventi di networking risulta infatti molto problematico: sebbene il 70% degli intervistati si sia dichiarato interessato e ritenga utili eventi e programmi di formazione e networking, a non essere a conoscenza dell’esistenza di percorsi formativi sul proprio settore e nel proprio territorio è ben il 61.9% dei titolari campionati. A generare malcontento, anche il livello di digitalizzazione delle amministrazioni di riferimento: il 71.90% dei professionisti ritiene infatti che i siti web siano pochi chiari e poco esaustivi. Eppure le potenzialità del web non sono da sottovalutare: il portale istituzionale, infatti, oltre che fare da vetrina alle attività e ai servizi offerti da ciascun ente, potrebbe trasformarsi in uno strumento prezioso per gli imprenditori, diventando fonte di informazione su regolamentazioni, iter di richiesta per determinate licenze, agevolazioni fiscali, bandi per l’imprenditoria e corsi di formazione.

E l‘imprenditoria femminile come si comporta in Italia?

Secondo gli ultimi dati dell’«Osservatorio sull’Imprenditoria femminile di Unioncamere», il recupero nel ritmo di crescita dell’imprenditoria femminile è lento, ma più solido dopo la pandemia: quasi il 24% delle nuove imprese guidate da donne nasce come società di capitali, tipologia di azienda più strutturata e robusta sotto il profilo organizzativo e gestionale (a fronte del 23% del 2021 e del 22,6% del 2020). Andando ad analizzare l’incidenza di imprese femminili nei vari settori economici, lo studio di CRIF presenta una situazione estremamente variegata. Nel dettaglio, il 40% delle imprese che operano nel settore dei lavori domestici è femminile, così come il 38% di quelle attive nella sanità, mentre quasi 1 impresa su 3 è femminile nei servizi di alloggio e ristorazione e di istruzione. Seguono, per incidenza, i settori agricoltura, attività immobiliare, noleggio e agenzie di viaggio e attività artistiche. L’attività manifatturiera e i servizi di informazione e comunicazione sono riconducibili nel 18% dei casi a imprese femminili. Alcuni settori rimangono però ancora appannaggio quasi totale di imprese maschili, come nel caso dell’estrazione di minerali, di fornitura di energia elettrica, di fornitura di acqua e costruzioni.