Imprenditoria, Femminile

OGGETTI DI SECONDA MANO SI MA NON DI SECONDA SCELTA

04/09/2022

Quando i figli crescono e i ripostigli sono pieni dei loro giochi riempiono se certi oggetti  non servono piu se non ad accumulare polvere o eleganti borse ed accessori di moda non attirano più la nostra attenzione, il risultato è uno solo: trasformarsi in venditori per questi oggetti che non servono più.


Sono quasi ventitre milioni gli italiani che hanno scelto questa forma di economia circolare e il 66% di chi ha comprato o ha guardato all‘usato come primo canale di riferimento, dimostrando, specialmente per le vendite, di considerare questa modalità come un modo smart di fare spazio, dare valore agli oggetti e guadagnare. Il tutto all’insegna della sostenibilità, che rimane il primo valore di riferimento dell’economia dell’usato (54%). La «second hand economy» in Italia  ha generato un valore economico di ventiquattro miliardi di euro, pari all’1,4% del Pil nazionale.

La second hand economy entra a tutti gli effetti tra le abitudini di consumo degli Italiani, grazie anche al ruolo propulsivo del digitale, che si è evoluto attraverso l’introduzione di servizi sempre più integrati, che consentono di gestire la compravendita totalmente da smartphone, senza muoversi da casa. L‘usato che conosciamo oggi non è più un sottoprodotto del nuovo, ma una scelta intelligente e astuta di chi vuole liberare spazio in casa e dare nuova vita agli oggetti, e di chi vuole acquistare qualcosa di unico che potrebbe non trovare altrove. Nel corso degli anni, l‘usato è diventato un mercato parallelo, dotato di fascino, moda, singolarità e convenienza, tanto che nei paesi anglosassoni si festeggia anche una giornata nazionale dedicata al second hand, e in Svezia è nato il primo centro commerciale dedicato all‘usato.

Per capire come si è trasformato nel tempo il concetto di «usato», dobbiamo prima ricordarci come funzionavano i consumi in passato. Facciamo un salto indietro nel tempo e torniamo tra la fine dell‘800 e l‘inizio del ‘900. Siamo in un periodo storico decisivo: è in questi anni che i negozi fanno la loro prima comparsa, passando quindi dalle botteghe artigiane ai grandi magazzini specializzati nella vendita di abiti confezionati. Pensiamo ad esempio alla nascita della famosa «La Rinascente» nel 1918, oppure ne 1928 «Upim» e della «Standa» nel 1931. Si tratta senza dubbio di un grande cambiamento per l‘uomo, per il suo modo di acquistare e concepire i beni materiali, una metamorfosi che si è manifestata soprattutto negli anni del boom economico, ovvero tra il 1959 e il 1963. Nel giro di pochissimo l‘Italia è diventato uno dei 10 Paesi più industrializzati del mondo, uscendo dal primato dell‘agricoltura, dove esisteva il monoreddito ed erano ancora molto forti valori come autoconsumo, spirito di sacrificio e soprattutto etica del risparmio. È con questa enorme svolta che gli italiani scoprono per la prima volta il benessere, dopo aver sperimentato i disastri della guerra e la povertà degli anni successivi. Nella case fanno il loro ingresso frigoriferi e lavatrici, radio e televisori, simboli di una modernizzazione che segna nuove abitudini di consumo. Abitudini influenzate anche dal grande «sogno americano», cioè quello di possedere a tutti i costi l‘ultimo modello di qualsiasi cosa fosse sul mercato.  È l‘epoca del consumismo, dominato dai mass media e dalla pubblicità martellante che invade la collettività e si appropria di tutto ciò che è pubblico. Chi avrebbe più voluto un oggetto usato, quando ormai esistevano così tante cose nuove, perfette e allettanti, già pronte a diventare un rifiuto con l‘arrivo del prossimo modello?

Il consumismo, dunque, ha generato una violenta frattura tra il nuovo e l‘usato, spingendo quest‘ultimo verso il concetto di povertà: si acquista usato perché non ci si può permettere il nuovo. Questo sistema si è depositato nella coscienza e nell‘inconscio degli individui per parecchi anni, plasmandone personalità, desideri e orientamenti, arrivando a far credere che chiunque comprasse usato fosse una persona non abbiente e appartenente ad un ceto culturale più basso. Una concezione dell‘usato che oggi sembra obsoleta e lontana dalla realtà.

Cos‘è che ha cambiato tutto questo, allora? Un ulteriore mutamento sociale dovuto ad alcuni fenomeni in particolare:

  1. l‘arrivo di un nuovo scenario economico critico che ha portato le persone a razionalizzare i propri consumi;
  2. l‘evoluzione dei consumatori stessi grazie all‘avvento di internet e degli smartphone, raggiungendo così la massima disponibilità di informazioni;
  3. la consapevolezza che consumi tanto massicci non sono più sostenibili dal punto di vista ambientale;
  4. il nuovo spazio conquistato dall‘usato: dai mercatini di strada ai negozi belli, puliti e ben organizzati come quelli tradizionali;
  5. la qualità e la pulizia dei prodotti esposti: gli oggetti sporchi dei rigattieri sono solo un lontano ricordo che non fa più parte della cultura moderna. Oggi l‘usato viene messo in vendita solo in perfette condizioni, già lavato e pulito (spesso è molto più pulito di oggetti nuovi di uso comune).

Ecco quindi che l‘usato si evolve, viene riqualificato, vive una rivoluzione che lo porta dall‘essere un simbolo di povertà all‘essere una filosofia vincente, la migliore per ottimizzare i consumi, per avere qualcosa di cool senza rinunciare alla qualità, per evitare gli sprechi che oggi stanno mettendo in serio pericolo la salute del pianeta. La coscienza di tutto questo ha cambiato il modo di vedere e vivere l‘usato, segnando l‘inizio di una nuova evoluzione culturale di cui tutti facciamo parte.

La Pandemia da Covid-19 ha ulteriormente incrementato. La crescita prevista nei prossimi anni supera il 15% annuo. Non più un mercato di nicchia, ma un mercato che coinvolge strati crescenti di persone, molte delle quali giovani. Il commercio dell’usato può avvenire in sese fissa (negozio), ambulante (bancarella) oppure on line, ma anche con una combinazione di soluzioni. Resa in modo occasionale o in modo stabile l‘attività va inquadrata sia da un punto di vist fiscale sia da un punto di vista giuridico. 

Le analisi statistiche della Doxa hanno preso in esame categorie e oggetti più popolari nella compravendita dell’usato ed hanno dimostrato i a crescita costante nel volume della compravendita dei Motori di seconda mano (11,5 miliardi), seguito dai beni per la cura della persona e della casa (5,7 miliardi) ed il settore elettronico (4,1 miliardi) mentre articoli sportivi e hobby (2,6 miliardi), dopo il boom del 2020 torna ai livelli pre-pandemia per effetto del ritorno alla normalità e del venire meno di specifiche esigenze.

La second hand conferma il suo terzo posto tra i comportamenti sostenibili più diffusi degli italiani (52%), preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%).

Sul podio dei valori di riferimento associati al mondo dell’usato troviamo:

  1. è una scelta sostenibile (54%);
  2. permette di dare una seconda vita agli oggetti (50%);
  3. è un modo intelligente di fare economia circolare (48%)

In conclusione, vista l‘esistenza di numerosi oggetti di qualità usati poco ma di gran qualità acquisiti negli anni passati e data la tendenza attuale, pensare ad una attività commerciale che sappia puntare sul giusto mix tra «costi e benefici» sia per il consumatore sia per l‘imprenditrice può essere meritevole di attenzione. La nostra redazione rimane disponibile a fornire, gratuitamente, qualsivoglia informazione tramite il nostro qualificato staff